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Antonio Gionima (Venezia 1697 – Bologna 1732) IL BANCHETTO...

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(Venezia 1697 – Bologna 1732)

IL BANCHETTO DI ANTONIO E CLEOPATRA

olio su tela, cm 86x111

THE BANQUET OF ANTHONY AND CLEOPATRA

oil on canvas, cm 86x111

Esposizioni

Il Tesoro d’Italia. A cura di Vittorio Sgarbi, Milano, Expo 2015, Padiglione Eataly, 22 maggio – 31 ottobre 2015.

Bibliografia

John T. Spike, Recensione alla mostra Eighteenth Century Master Drawings from the Ashmolean, Baltimora Museum of Art in “The Burlington Magazine” CXXI, 1979, 921, p. 828, fig. 78; Pietro Di Natale, in Il Tesoro d’Italia. Catalogo della mostra, Milano 2015, pp. 186-87.

Nato a Venezia nel 1697 in una famiglia di pittori, Antonio Gionima si trasferì presto a Bologna, città di origine della madre. Formatosi nella bottega di Aureliano Milani, ne ereditò probabilmente la sua prima commissione pubblica, le storie di San Domenico per la chiesa di S. Maria Mascarella, consegnate nel 1719. Alla partenza del maestro per Roma, appunto in quell’anno, passò nella bottega di Giuseppe Crespi, che gli procurò un’importante commissione per la famiglia Gozzadini.

Negli anni successivi, Gionima fu attivo per chiese e confraternite di Bologna, e per le maggiori famiglie della città, che si disputarono le invenzioni sacre e profane con cui, aggiornata la cifra stilistica dei suoi primi maestri, l’artista si cimentò in scene a più figure e di gusto intensamente teatrale, del tutto in linea con il “barocchetto” proposto negli stessi anni da Giuseppe Marchesi e da Francesco Monti, con cui è stato talora confuso.

Splendida aggiunta al suo catalogo, esiguo nei numeri in virtù della breve vita dell’artista ma non per questo irrilevante nel panorama del Settecento bolognese, e non a caso selezionato per rappresentare quella scuola in occasione dell’Expo milanese, il dipinto qui offerto non trova riscontro nei rari documenti che si riferiscono, come è naturale, all’attività pubblica del pittore né nell’elenco, davvero sommario, delle opere di destinazione privata redatto dal suo primo biografo, il canonico Luigi Crespi (Felsina pittrice. Vite de’ Pittori bolognesi, III, Bologna 1769, pp. 234-236). Una traccia precisa per il nostro dipinto si ritrova però nel corpus grafico dell’artista, e specificamente nel disegno preparatorio venduto a Londra da Sotheby’s nel 1975, ora nelle raccolte dell’Ashmolean Museum a Oxford, con la corretta attribuzione ad Antonio Gionima, la cui produzione veniva riscoperta e illustrata proprio in quegli anni ad opera di Renato Roli e di altri studiosi bolognesi. Con quel nome il foglio fu esposto a Baltimora nel 1979 (Eighteenth Century Master Drawings…, cit., p. 4, n. 7) la cui recensione offrì a John Spike l’opportunità di pubblicare il nostro dipinto, allora in collezione privata a New York sotto il nome di Ercole Graziani il Giovane.

Lo stesso Crespi ricorda lo straordinario talento del Gionima quale disegnatore:

“… disegnava col toccalapis e con l’acquarello a meraviglia, lumeggiando i suoi disegni con uno spirito e una disinvoltura che non poteva bramarsi di più… (1769, cit., p. 235) e ne concludeva la “vita” ricordando, in appendice all’elenco di opere su tela “i disegni, poi, che egli ha fatto, sono moltissimi e per lo più acquerellati e lumeggiati, e chi ne ha se li tiene, e a tutta ragione, molto cari”. Il corpus grafico dell’artista sarà l’oggetto di una monografia di Marco Riccomini di prossima pubblicazione.

I fogli ad oggi rintracciati in raccolte pubbliche italiane e straniere confermano il giudizio del biografo e lasciano intuire i dipinti non ancora identificati di cui anticipano la composizione e i contrasti luministici. Tra questi, il foglio conservato a Brera (Gabinetto dei Disegni, n. 225) propone il nostro stesso soggetto, il banchetto di Antonio e Cleopatra, in una composizione a molte figure, non dissimile dall’Ester e Assuero nelle raccolte reali inglesi a Windsor che anticipa, a sua volta, un dipinto citato dalle fonti ma non ancora riemerso.

Ad essi si aggiunge il foglio di Oxford (matita rossa, lumeggiato in bianco, mm 184x238), in tutto corrispondente al nostro dipinto di cui costituisce un primo pensiero, certo successivamente elaborato in studi ulteriori non ancora rintracciati. La composizione a sole tre figure, una delle quali appena individuabile nello sfondo, è probabilmente la più essenziale tra quelle ideate da Antonio Gionima: si può tuttavia confrontare, soprattutto nella soluzione compositiva di una figura “di quinta” che, nell’ombra, introduce il protagonista della storia, al dipinto conservato a Minneapolis, Minneapolis Institute of Arts, raffigurante Giuditta presentata a Oloferne, dove la nostra composizione è ripetuta a specchio e a figure intere, simile anche nei partiti di luce, o ancora al disegno con la cena in Emmaus (Bologna, Pinacoteca) dove due figure ombreggiate all’acquarello inquadrano il protagonista, luminoso e appena tratteggiato, come la nostra Cleopatra.

Il dipinto qui offerto si caratterizza infine per l’estrema raffinatezza degli accordi luminosi e cromatici, esaltati dall’ottima conservazione.

Ringraziamo Marco Riccomini per l'aiuto nella catalogazione di questo lotto.

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14 May 2019
Italy, Florence
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(Venezia 1697 – Bologna 1732)

IL BANCHETTO DI ANTONIO E CLEOPATRA

olio su tela, cm 86x111

THE BANQUET OF ANTHONY AND CLEOPATRA

oil on canvas, cm 86x111

Esposizioni

Il Tesoro d’Italia. A cura di Vittorio Sgarbi, Milano, Expo 2015, Padiglione Eataly, 22 maggio – 31 ottobre 2015.

Bibliografia

John T. Spike, Recensione alla mostra Eighteenth Century Master Drawings from the Ashmolean, Baltimora Museum of Art in “The Burlington Magazine” CXXI, 1979, 921, p. 828, fig. 78; Pietro Di Natale, in Il Tesoro d’Italia. Catalogo della mostra, Milano 2015, pp. 186-87.

Nato a Venezia nel 1697 in una famiglia di pittori, Antonio Gionima si trasferì presto a Bologna, città di origine della madre. Formatosi nella bottega di Aureliano Milani, ne ereditò probabilmente la sua prima commissione pubblica, le storie di San Domenico per la chiesa di S. Maria Mascarella, consegnate nel 1719. Alla partenza del maestro per Roma, appunto in quell’anno, passò nella bottega di Giuseppe Crespi, che gli procurò un’importante commissione per la famiglia Gozzadini.

Negli anni successivi, Gionima fu attivo per chiese e confraternite di Bologna, e per le maggiori famiglie della città, che si disputarono le invenzioni sacre e profane con cui, aggiornata la cifra stilistica dei suoi primi maestri, l’artista si cimentò in scene a più figure e di gusto intensamente teatrale, del tutto in linea con il “barocchetto” proposto negli stessi anni da Giuseppe Marchesi e da Francesco Monti, con cui è stato talora confuso.

Splendida aggiunta al suo catalogo, esiguo nei numeri in virtù della breve vita dell’artista ma non per questo irrilevante nel panorama del Settecento bolognese, e non a caso selezionato per rappresentare quella scuola in occasione dell’Expo milanese, il dipinto qui offerto non trova riscontro nei rari documenti che si riferiscono, come è naturale, all’attività pubblica del pittore né nell’elenco, davvero sommario, delle opere di destinazione privata redatto dal suo primo biografo, il canonico Luigi Crespi (Felsina pittrice. Vite de’ Pittori bolognesi, III, Bologna 1769, pp. 234-236). Una traccia precisa per il nostro dipinto si ritrova però nel corpus grafico dell’artista, e specificamente nel disegno preparatorio venduto a Londra da Sotheby’s nel 1975, ora nelle raccolte dell’Ashmolean Museum a Oxford, con la corretta attribuzione ad Antonio Gionima, la cui produzione veniva riscoperta e illustrata proprio in quegli anni ad opera di Renato Roli e di altri studiosi bolognesi. Con quel nome il foglio fu esposto a Baltimora nel 1979 (Eighteenth Century Master Drawings…, cit., p. 4, n. 7) la cui recensione offrì a John Spike l’opportunità di pubblicare il nostro dipinto, allora in collezione privata a New York sotto il nome di Ercole Graziani il Giovane.

Lo stesso Crespi ricorda lo straordinario talento del Gionima quale disegnatore:

“… disegnava col toccalapis e con l’acquarello a meraviglia, lumeggiando i suoi disegni con uno spirito e una disinvoltura che non poteva bramarsi di più… (1769, cit., p. 235) e ne concludeva la “vita” ricordando, in appendice all’elenco di opere su tela “i disegni, poi, che egli ha fatto, sono moltissimi e per lo più acquerellati e lumeggiati, e chi ne ha se li tiene, e a tutta ragione, molto cari”. Il corpus grafico dell’artista sarà l’oggetto di una monografia di Marco Riccomini di prossima pubblicazione.

I fogli ad oggi rintracciati in raccolte pubbliche italiane e straniere confermano il giudizio del biografo e lasciano intuire i dipinti non ancora identificati di cui anticipano la composizione e i contrasti luministici. Tra questi, il foglio conservato a Brera (Gabinetto dei Disegni, n. 225) propone il nostro stesso soggetto, il banchetto di Antonio e Cleopatra, in una composizione a molte figure, non dissimile dall’Ester e Assuero nelle raccolte reali inglesi a Windsor che anticipa, a sua volta, un dipinto citato dalle fonti ma non ancora riemerso.

Ad essi si aggiunge il foglio di Oxford (matita rossa, lumeggiato in bianco, mm 184x238), in tutto corrispondente al nostro dipinto di cui costituisce un primo pensiero, certo successivamente elaborato in studi ulteriori non ancora rintracciati. La composizione a sole tre figure, una delle quali appena individuabile nello sfondo, è probabilmente la più essenziale tra quelle ideate da Antonio Gionima: si può tuttavia confrontare, soprattutto nella soluzione compositiva di una figura “di quinta” che, nell’ombra, introduce il protagonista della storia, al dipinto conservato a Minneapolis, Minneapolis Institute of Arts, raffigurante Giuditta presentata a Oloferne, dove la nostra composizione è ripetuta a specchio e a figure intere, simile anche nei partiti di luce, o ancora al disegno con la cena in Emmaus (Bologna, Pinacoteca) dove due figure ombreggiate all’acquarello inquadrano il protagonista, luminoso e appena tratteggiato, come la nostra Cleopatra.

Il dipinto qui offerto si caratterizza infine per l’estrema raffinatezza degli accordi luminosi e cromatici, esaltati dall’ottima conservazione.

Ringraziamo Marco Riccomini per l'aiuto nella catalogazione di questo lotto.

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14 May 2019
Italy, Florence
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