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BUREAU TRUMEAU, ROMA, METÀ SECOLO XVIII lastronato in palissandro...

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BUREAU TRUMEAU, ROMA, METÀ SECOLO XVIII

lastronato in palissandro con intarsi in acero, corpo superiore a due sportelli specchiati di forma centinata terminante con timpano scorniciato a doppia curvatura centrato da specchio entro cornice modanata, interno con vano a giorno centrale intarsiato sul fondo con figura di contadino entro quinta architettonica inquadrato ai lati da altri scomparti di diverse misure e in basso da quattro cassettini disposti su tre colonne ornati a motivi vegetali, tablette estrabile sottostante, corpo inferiore di linea spezzata sui fianchi con fronte a ribalta celante un vano a giorno intarsiato sul fondo e inquadrato da quattro cassetti disposti su due file affiancati da altri tre cassettini per lato, cui seguono tre cassetti di linea spezzata, angoli del corpo inferiore e superiore scantonati e impreziositi da mensole a giorno in foggia di volute, tutta la superficie del fronte intarsiata a ramages vegetali entro riserve rettangolari mentre i lati sono ornati da profilature, bocchette in bronzo dorato a fregi vegetali, piedi a mensola, cm 275x132x79

A ROMAN BUREAU CABINET, MID 18TH CENTURY

Bibliografia di confronto

G. Lizzani, Il mobile romano, Milano 1970, pp. 133-134

A. González-Palacios, Arredi e ornamenti alla corte di Roma. 1560-1795, Milano 2004, pp. 184-185

Questa tipologia di mobile, la cui ispirazione è da ritrovarsi in modelli anglo-olandesi, conosce una grande fortuna in tutta Italia nel corso del Settecento ed è nota a Roma con il nome di burò, come riportano alcuni inventari quali quelli del cardinale Silvio Valenti Gonzaga, del 1756, e del ministro portoghese Emanuele Pereira de Sampajo, del 1750; un mobile, il burò a due pezzi, che non poteva mancare in un palazzo patrizio romano nel Settecento. Il modello qui proposto trova diversi confronti con esemplari del tempo, in particolare con un mobile conservato a Palazzo Sacchetti con il quale condivide sia l’impianto architettonico, con i due sportelli centinati e il coronamento mistilineo a inquadrare uno specchio più piccolo in alto, unitamente alle mensole angolari e al corpo inferiore spezzato da un gioco di incavi, bombature e spigoli, sia l’impianto decorativo, con tarsie a motivi fitomorfi e nastri intrecciati realizzate giocando sul contrasto tra il legno scuro del fondo e l’acero, noto come giallo angiolino, degli intarsi.

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16 Jun 2020
Italy
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lastronato in palissandro con intarsi in acero, corpo superiore a due sportelli specchiati di forma centinata terminante con timpano scorniciato a doppia curvatura centrato da specchio entro cornice modanata, interno con vano a giorno centrale intarsiato sul fondo con figura di contadino entro quinta architettonica inquadrato ai lati da altri scomparti di diverse misure e in basso da quattro cassettini disposti su tre colonne ornati a motivi vegetali, tablette estrabile sottostante, corpo inferiore di linea spezzata sui fianchi con fronte a ribalta celante un vano a giorno intarsiato sul fondo e inquadrato da quattro cassetti disposti su due file affiancati da altri tre cassettini per lato, cui seguono tre cassetti di linea spezzata, angoli del corpo inferiore e superiore scantonati e impreziositi da mensole a giorno in foggia di volute, tutta la superficie del fronte intarsiata a ramages vegetali entro riserve rettangolari mentre i lati sono ornati da profilature, bocchette in bronzo dorato a fregi vegetali, piedi a mensola, cm 275x132x79

A ROMAN BUREAU CABINET, MID 18TH CENTURY

Bibliografia di confronto

G. Lizzani, Il mobile romano, Milano 1970, pp. 133-134

A. González-Palacios, Arredi e ornamenti alla corte di Roma. 1560-1795, Milano 2004, pp. 184-185

Questa tipologia di mobile, la cui ispirazione è da ritrovarsi in modelli anglo-olandesi, conosce una grande fortuna in tutta Italia nel corso del Settecento ed è nota a Roma con il nome di burò, come riportano alcuni inventari quali quelli del cardinale Silvio Valenti Gonzaga, del 1756, e del ministro portoghese Emanuele Pereira de Sampajo, del 1750; un mobile, il burò a due pezzi, che non poteva mancare in un palazzo patrizio romano nel Settecento. Il modello qui proposto trova diversi confronti con esemplari del tempo, in particolare con un mobile conservato a Palazzo Sacchetti con il quale condivide sia l’impianto architettonico, con i due sportelli centinati e il coronamento mistilineo a inquadrare uno specchio più piccolo in alto, unitamente alle mensole angolari e al corpo inferiore spezzato da un gioco di incavi, bombature e spigoli, sia l’impianto decorativo, con tarsie a motivi fitomorfi e nastri intrecciati realizzate giocando sul contrasto tra il legno scuro del fondo e l’acero, noto come giallo angiolino, degli intarsi.

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