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LOT 53

Guglielmo Courtois, il Borgognone

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Guglielmo Courtois, il Borgognone

(Saint-Hippolyte, 1628 – Roma, 1679)

ENEA E LA SIBILLA CUMANA SULLE RIVE DELLO STIGE

olio su tela, cm 51,5x67

AENEAS AND THE CUMEAN SYBIL ON THE BANKS OF THE RIVER STYX

oil on canvas, cm 51,5x67

Provenienza

Germania, collezione privata; Londra, Whitfield Fine Arts

Attribuito oralmente a Guglielmo Courtois da Erich Schleier e poi da Simonetta Prosperi Valenti in una comunicazione scritta alla proprietà, questo inedito e raffinato dipinto propone un soggetto davvero inconsueto nella pittura seicentesca, il viaggio di Enea agli Inferi narrato da Virgilio nel sesto libro dell’Eneide (VI, v. 123 e ss.). La scena raffigura più esattamente il prologo a quel viaggio, il momento cioè in cui l’eroe troiano, guidato dalla Sibilla che gli ha rivelato il modo di accedere all’Oltretomba, attende sulle rive dello Stige la barca di Caronte che lo traghetterà, unico vivente, nel regno di Ade: lì Enea incontrerà le ombre dei defunti e, motivo primo del poema, avrà visione anticipata della propria discendenza fino alla dinastia giulio-claudia. Come disposto, egli reca in mano il ramo d’oro da offrire in dono a Proserpina, ed è questo uno degli elementi (l’altro è la figura di Cerbero sullo sfondo) che consente di identificare con sicurezza la scena raffigurata.

Contrariamente a quanto descritto nel poema virgiliano, la scena è ambientata in un ameno paesaggio boscoso concluso sullo sfondo da archi rocciosi: una citazione, come indica Simonetta Prosperi, dell’affresco del I secolo rinvenuto a Roma nel 1627 in occasione dei lavori di sterro per la costruzione di palazzo Barberini, noto alla cerchia degli eruditi seicenteschi come “Ninfeo Barberini”. Distrutto non molto tempo dopo il suo ritrovamento, è documentato da incisioni eseguite nella dotta cerchia di Cassiano dal Pozzo, e da un disegno di Claude Lorrain, forse tratto da una di esse: insieme alla rarità del soggetto, quest’ultimo elemento suggerisce per il nostro dipinto una committenza colta e sofisticata, forse rintracciabile nella cerchia della famiglia Pamphilj, che appunto a Enea faceva risalire la propria ascendenza mitica, e per la quale l’artista borgognone fu attivo fin dai primi anni Cinquanta.

Soggetti tratti dal poema virgiliano furono comunque raffigurati da Courtois con soluzioni compositive non troppo diverse dalla nostra se pure meno originali: ci riferiamo ai due dipinti già a Roma nella collezione di Fabrizio e Fiammetta Lemme (Venere dona le armi a Enea; Enea e Didone sorpresi dalla tempesta; cfr. S. Prosperi Valenti Rodinò, in Il Seicento e Settecento romano nella collezione Lemme. Catalogo della mostra, Roma 1998, pp. 130-31, nn. 45-46). Come i dipinti citati, anche il nostro certifica la capacità raggiunta da Guglielmo Cortese nella pittura di paesaggio, probabilmente in virtù della stretta frequentazione di Gaspar Dughet, con cui collaborò e comunque fu in contatto nei primi anni Cinquanta, ancora una volta per i Pamphilj.

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14 May 2019
Italy
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Guglielmo Courtois, il Borgognone

(Saint-Hippolyte, 1628 – Roma, 1679)

ENEA E LA SIBILLA CUMANA SULLE RIVE DELLO STIGE

olio su tela, cm 51,5x67

AENEAS AND THE CUMEAN SYBIL ON THE BANKS OF THE RIVER STYX

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Provenienza

Germania, collezione privata; Londra, Whitfield Fine Arts

Attribuito oralmente a Guglielmo Courtois da Erich Schleier e poi da Simonetta Prosperi Valenti in una comunicazione scritta alla proprietà, questo inedito e raffinato dipinto propone un soggetto davvero inconsueto nella pittura seicentesca, il viaggio di Enea agli Inferi narrato da Virgilio nel sesto libro dell’Eneide (VI, v. 123 e ss.). La scena raffigura più esattamente il prologo a quel viaggio, il momento cioè in cui l’eroe troiano, guidato dalla Sibilla che gli ha rivelato il modo di accedere all’Oltretomba, attende sulle rive dello Stige la barca di Caronte che lo traghetterà, unico vivente, nel regno di Ade: lì Enea incontrerà le ombre dei defunti e, motivo primo del poema, avrà visione anticipata della propria discendenza fino alla dinastia giulio-claudia. Come disposto, egli reca in mano il ramo d’oro da offrire in dono a Proserpina, ed è questo uno degli elementi (l’altro è la figura di Cerbero sullo sfondo) che consente di identificare con sicurezza la scena raffigurata.

Contrariamente a quanto descritto nel poema virgiliano, la scena è ambientata in un ameno paesaggio boscoso concluso sullo sfondo da archi rocciosi: una citazione, come indica Simonetta Prosperi, dell’affresco del I secolo rinvenuto a Roma nel 1627 in occasione dei lavori di sterro per la costruzione di palazzo Barberini, noto alla cerchia degli eruditi seicenteschi come “Ninfeo Barberini”. Distrutto non molto tempo dopo il suo ritrovamento, è documentato da incisioni eseguite nella dotta cerchia di Cassiano dal Pozzo, e da un disegno di Claude Lorrain, forse tratto da una di esse: insieme alla rarità del soggetto, quest’ultimo elemento suggerisce per il nostro dipinto una committenza colta e sofisticata, forse rintracciabile nella cerchia della famiglia Pamphilj, che appunto a Enea faceva risalire la propria ascendenza mitica, e per la quale l’artista borgognone fu attivo fin dai primi anni Cinquanta.

Soggetti tratti dal poema virgiliano furono comunque raffigurati da Courtois con soluzioni compositive non troppo diverse dalla nostra se pure meno originali: ci riferiamo ai due dipinti già a Roma nella collezione di Fabrizio e Fiammetta Lemme (Venere dona le armi a Enea; Enea e Didone sorpresi dalla tempesta; cfr. S. Prosperi Valenti Rodinò, in Il Seicento e Settecento romano nella collezione Lemme. Catalogo della mostra, Roma 1998, pp. 130-31, nn. 45-46). Come i dipinti citati, anche il nostro certifica la capacità raggiunta da Guglielmo Cortese nella pittura di paesaggio, probabilmente in virtù della stretta frequentazione di Gaspar Dughet, con cui collaborò e comunque fu in contatto nei primi anni Cinquanta, ancora una volta per i Pamphilj.

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