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LOT 0174

LEANDRO BASSANO

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(Bassano del Grappa, 1557 - Venezia, 1622)
Ritratto di frate domenicano (1590 - 1595)
Olio su tela, cm 94X72,5

Provenienza:
Londra, Heim Gallery
Milano, asta delle Gallerie Salamon Augustoni Algranti, 29 ottobre 1985, lotto 6
Milano, collezione privata

Bibliografia:
Archivio Zeri, n. 40433 (come Leandro Bassano)
Catalogo della mostra, Heim Gallery, 10 giugno ; 29 agosto 1980, Londra, [Heim Gallery], 1980, n. 6 e
M. Sclosa, Per la ritrattistica di Leandro Bassano e Domenico Tintoretto, in Jacopo Bassano, i figli, la scuola, l'eredità, Atti del Convegno Internazionale di Studio Bassano del Grappa, Museo Civico Padova, Università degli Studi, Archivio Antico del Bì 30 marzo ; 2 aprile 2011, a cura di G. Ericani, Bassano 2011, pp. 131 ; 140; p. 288, fig. 2

Terzo dei figli di Jacopo, Leandro si formì nella bottega paterna e il Ridolfi lo dice a Venezia nel 1577, dove risedette quasi ininterrottamente fino alla morte, risultando iscritto alla Fraglia dei pittori veneziani dal 1588. La carriera di Leandro fu costellata da successi, tanto che nel 1596 eseguì il ritratto del doge Marino Grimani che gli valse la nomina a cavaliere di San Marco. Lo Zanetti nel 1771 lo definisce: 'degno imitatore e discepolo del Padre, seguendo tuttavia piuttosto la prima che la seconda maniera. Non fu tanto fervido il colorito né ardito il suo pennello quant'era quel di Francesco; ma scelse le immagini più liete, e le più nobili della paterna scuola; dipingendo con bell'impasto, senza omettere il vigore dovuto e la maestria necessaria al carattere d'un buon professore'. Bisogna perì dire che nelle sue opere si osserva un fare più disegnato e pennellate filamentose, ben diverse, come notì l'Arslan 'dal colpeggiare franco e robusto' del padre e da 'quello sfarfallante di Francesco'. Si coglie quindi una sua direzione stilistica diversa rispetto a quella della tradizione familiare, tralasciando la pittura di tocco e di macchia. Leandro conseguì una fama straordinaria come ritrattista, che gli permise di esprimere una peculiare sensibilità e di beneficiare degli elogi di Carlo Ridolfi che lo definì 'particolarmente eccellente ne ritratti', la cui bellezza 'si predicava dall'universale'. A differenza di Tiziano, Leandro effigiì medici, mercanti, giuristi, frati domenicani, musici e artisti, consentendogli una non comune disinvoltura e sincerità descrittiva, in analogia con le opere del Moroni e guardando agli esempi oltremontani, consentendogli di cogliere il carattere fisico e morale del soggetto, ambientato nella sua concreta realtà.

Bibliografia di riferimento:
C. Ridolfi, Le maraviglie dell'arte [1648], a cura di D. v. Hadeln, II, Berlino 1924, pp. 165 ; 171
A. M. Zanetti, Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia e Isole circonvicine, Venezia 1733, ad vocem
E. Arslan, I Bassano, Milano 1960, pp. 233 ; 275
R. Pallucchini, La Pittura veneziana del Seicento, Milano 1981, ad vocem

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21 Sep 2021
Italy, Genoa
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(Bassano del Grappa, 1557 - Venezia, 1622)
Ritratto di frate domenicano (1590 - 1595)
Olio su tela, cm 94X72,5

Provenienza:
Londra, Heim Gallery
Milano, asta delle Gallerie Salamon Augustoni Algranti, 29 ottobre 1985, lotto 6
Milano, collezione privata

Bibliografia:
Archivio Zeri, n. 40433 (come Leandro Bassano)
Catalogo della mostra, Heim Gallery, 10 giugno ; 29 agosto 1980, Londra, [Heim Gallery], 1980, n. 6 e
M. Sclosa, Per la ritrattistica di Leandro Bassano e Domenico Tintoretto, in Jacopo Bassano, i figli, la scuola, l'eredità, Atti del Convegno Internazionale di Studio Bassano del Grappa, Museo Civico Padova, Università degli Studi, Archivio Antico del Bì 30 marzo ; 2 aprile 2011, a cura di G. Ericani, Bassano 2011, pp. 131 ; 140; p. 288, fig. 2

Terzo dei figli di Jacopo, Leandro si formì nella bottega paterna e il Ridolfi lo dice a Venezia nel 1577, dove risedette quasi ininterrottamente fino alla morte, risultando iscritto alla Fraglia dei pittori veneziani dal 1588. La carriera di Leandro fu costellata da successi, tanto che nel 1596 eseguì il ritratto del doge Marino Grimani che gli valse la nomina a cavaliere di San Marco. Lo Zanetti nel 1771 lo definisce: 'degno imitatore e discepolo del Padre, seguendo tuttavia piuttosto la prima che la seconda maniera. Non fu tanto fervido il colorito né ardito il suo pennello quant'era quel di Francesco; ma scelse le immagini più liete, e le più nobili della paterna scuola; dipingendo con bell'impasto, senza omettere il vigore dovuto e la maestria necessaria al carattere d'un buon professore'. Bisogna perì dire che nelle sue opere si osserva un fare più disegnato e pennellate filamentose, ben diverse, come notì l'Arslan 'dal colpeggiare franco e robusto' del padre e da 'quello sfarfallante di Francesco'. Si coglie quindi una sua direzione stilistica diversa rispetto a quella della tradizione familiare, tralasciando la pittura di tocco e di macchia. Leandro conseguì una fama straordinaria come ritrattista, che gli permise di esprimere una peculiare sensibilità e di beneficiare degli elogi di Carlo Ridolfi che lo definì 'particolarmente eccellente ne ritratti', la cui bellezza 'si predicava dall'universale'. A differenza di Tiziano, Leandro effigiì medici, mercanti, giuristi, frati domenicani, musici e artisti, consentendogli una non comune disinvoltura e sincerità descrittiva, in analogia con le opere del Moroni e guardando agli esempi oltremontani, consentendogli di cogliere il carattere fisico e morale del soggetto, ambientato nella sua concreta realtà.

Bibliografia di riferimento:
C. Ridolfi, Le maraviglie dell'arte [1648], a cura di D. v. Hadeln, II, Berlino 1924, pp. 165 ; 171
A. M. Zanetti, Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia e Isole circonvicine, Venezia 1733, ad vocem
E. Arslan, I Bassano, Milano 1960, pp. 233 ; 275
R. Pallucchini, La Pittura veneziana del Seicento, Milano 1981, ad vocem

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21 Sep 2021
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