Market Analytics
Search Price Results
Wish

LOT 0170

Simone Cantarini (Pesaro 1612 - Verona 1648), San

[ translate ]

olio su tela, cm 216x149 entro cornice intagliata e dorata, Il dipinto rappresenta, a figura intera, San Sebastiano, ufficiale della guardia pretoria di Diocleziano, condannato alla pena capitale per la sua fede cristiana; creduto morto dai suoi aguzzini (sarà poi curato da Irene), è lasciato legato all’albero trafitto dalle frecce; un angioletto, in alto sulla sinistra, gli reca la palma del martirio; in basso il manto rosso e la lancia, insegne del suo status militare. Senz’altro confermabile l’attribuzione di questa prestigiosa tela a Simone Cantarini, già avanzata, correttamente, anni or sono (1996), da Nicosetta Roio trattando un gruppo di dipinti inediti di diversi artisti nella monografia su Giacomo Cavedoni (cfr. Bibliografia). Simone Cantarini, detto anche, dal suo luogo natale, Simone da Pesaro, fu uno dei principali protagonisti della grande scuola emiliana del XVII secolo. Formatosi nel vivace ambiente marchigiano, ove le eredità di Barocci e Ridolfi erano ormai fortemente insidiate da episodi caravaggeschi d’importazione romana nonché dalle ineludibili novità che venivano da Bologna, il giovane Cantarini si trasferì ben presto in questa città , entrando, intorno al 1634, nella bottega del genius loci del momento, il famoso Guido Reni. Qui Simone giunse sui 22 anni, probabilmente già con una sua formazione alle spalle, tanto da far dire allo stesso caposcuola “esser costui maestro prima di entrare nella scuola” (Malvasia, Felsina Pittrice, 1678, ed. 1841, II, p. 375). Sono questi gli anni, per Cantarini, di maggiore adeguamento allo stile di Guido, continuato anche dopo la rottura con il maestro, che avvenne nel 1637, per le critiche di Reni sulla Trasfigurazione di Simone destinata alla chiesa di S. Urbano a Castelfranco Emilia (oggi a Roma, Pinacoteca Vaticana). Il periodo successivo vedrà il rimpatrio a Pesaro dell’artista, il suo soggiorno romano ed il ritorno a Bologna dopo la morte di Reni, avvenuta nel 1642; qui egli aprì bottega in Palazzo Zambeccari ed operò intensamente, godendo anche del favore di una ristretta cerchia di colti collezionisti, fra cui i Locatelli ed il medico Orazio Zamboni. Trasferitosi, infine, a Verona, vi morì nel 1648, all’età di 36 anni. Il San Sebastiano qui considerato è da ritenersi una importante acquisizione al catalogo del Pesarese e da collocarsi cronologicamente nel periodo tardo della sua attività , negli anni Quaranta del XVII secolo, dopo il ritorno a Bologna. Ne fa fede il confronto con altre sue opere di questo momento, prima fra tutte lo straordinario Cristo risorto della collezione Elmar Seibel di Boston, per il singolare risalto plastico del protagonista, la poderosa mimica muscolare, la lucida strizzatura dei panneggi, l’irruente retorica del gesto. La dolente e virtuosistica rappresentazione del nudo maschile del santo martire inginocchiato nel corrusco paesaggio pare quasi una esemplare sintesi di esperienze ed incontri occorsi all’artista nelle sue peregrinazioni fra Pesaro, Bologna e Roma: da Giovanni Francesco Guerrieri a Giuseppe Puglia, ad Alessandro Turchi detto l’Orbetto; oltre a Reni, naturalmente. E’ con Reni, infatti, che la “superbia” (termine di Malvasia) di Cantarini ebbe a confrontarsi: con il suo nobilissimo classicismo, con il castigato pudore della sua tavolozza, a cui il nostro risponde caricando di materia cromatica forte ed incontenibile il temperamento più naturalistico della sua indole. Tanto che l’ “a solo” cromatico di quel rosso acceso del vessillo abbandonato sulla lancia del santo pretoriano, in basso a sinistra, potrebbe quasi valere come la firma di Simone, artista ormai in qualche modo affine (si veda lo scorcio paesistico dello sfondo) al gusto di un Guercino o di un Cagnacci. Del Giordani è la notizia che un dipinto di Cantarini con “S. Sebastiano e un angelo”, verosimilmente il nostro, si conservava, nel XVII secolo, nella raccolta del nobile Rinaldo Bovi di Bologna (G. Giordani, Note autografe su una biografia completa su Simone Cantarini indirizzate al sig. Giuliano Vanzolini il 18-3-1866, ms, XIX sec., Pesaro, Biblioteca Oliveriana, Ms. 1549). Un probabile abbozzo di idea grafica preparatoria per quest’opera si conserva nel Cabinet des dessins del Louvre (inv. 9659). Bibliografia: N. Roio, Le scuole dei Carracci e di Guido Reni: nuovi disegni e dipinti bolognesi dell’epoca di Cavedoni, in E. Negro – N. Roio, Giacomo Cavedone, Modena, 1996, p. 51, tav. 76 p. 53. Scheda a cura del Prof. Massimo Pirondini. Si ringrazia lo studioso per aver confermato l'attribuzione all'artista.

[ translate ]

View it on
Sale price
Unlock
Estimate
Unlock
Time, Location
13 Dec 2019
Italy, Genova
Auction House
Unlock

[ translate ]

olio su tela, cm 216x149 entro cornice intagliata e dorata, Il dipinto rappresenta, a figura intera, San Sebastiano, ufficiale della guardia pretoria di Diocleziano, condannato alla pena capitale per la sua fede cristiana; creduto morto dai suoi aguzzini (sarà poi curato da Irene), è lasciato legato all’albero trafitto dalle frecce; un angioletto, in alto sulla sinistra, gli reca la palma del martirio; in basso il manto rosso e la lancia, insegne del suo status militare. Senz’altro confermabile l’attribuzione di questa prestigiosa tela a Simone Cantarini, già avanzata, correttamente, anni or sono (1996), da Nicosetta Roio trattando un gruppo di dipinti inediti di diversi artisti nella monografia su Giacomo Cavedoni (cfr. Bibliografia). Simone Cantarini, detto anche, dal suo luogo natale, Simone da Pesaro, fu uno dei principali protagonisti della grande scuola emiliana del XVII secolo. Formatosi nel vivace ambiente marchigiano, ove le eredità di Barocci e Ridolfi erano ormai fortemente insidiate da episodi caravaggeschi d’importazione romana nonché dalle ineludibili novità che venivano da Bologna, il giovane Cantarini si trasferì ben presto in questa città , entrando, intorno al 1634, nella bottega del genius loci del momento, il famoso Guido Reni. Qui Simone giunse sui 22 anni, probabilmente già con una sua formazione alle spalle, tanto da far dire allo stesso caposcuola “esser costui maestro prima di entrare nella scuola” (Malvasia, Felsina Pittrice, 1678, ed. 1841, II, p. 375). Sono questi gli anni, per Cantarini, di maggiore adeguamento allo stile di Guido, continuato anche dopo la rottura con il maestro, che avvenne nel 1637, per le critiche di Reni sulla Trasfigurazione di Simone destinata alla chiesa di S. Urbano a Castelfranco Emilia (oggi a Roma, Pinacoteca Vaticana). Il periodo successivo vedrà il rimpatrio a Pesaro dell’artista, il suo soggiorno romano ed il ritorno a Bologna dopo la morte di Reni, avvenuta nel 1642; qui egli aprì bottega in Palazzo Zambeccari ed operò intensamente, godendo anche del favore di una ristretta cerchia di colti collezionisti, fra cui i Locatelli ed il medico Orazio Zamboni. Trasferitosi, infine, a Verona, vi morì nel 1648, all’età di 36 anni. Il San Sebastiano qui considerato è da ritenersi una importante acquisizione al catalogo del Pesarese e da collocarsi cronologicamente nel periodo tardo della sua attività , negli anni Quaranta del XVII secolo, dopo il ritorno a Bologna. Ne fa fede il confronto con altre sue opere di questo momento, prima fra tutte lo straordinario Cristo risorto della collezione Elmar Seibel di Boston, per il singolare risalto plastico del protagonista, la poderosa mimica muscolare, la lucida strizzatura dei panneggi, l’irruente retorica del gesto. La dolente e virtuosistica rappresentazione del nudo maschile del santo martire inginocchiato nel corrusco paesaggio pare quasi una esemplare sintesi di esperienze ed incontri occorsi all’artista nelle sue peregrinazioni fra Pesaro, Bologna e Roma: da Giovanni Francesco Guerrieri a Giuseppe Puglia, ad Alessandro Turchi detto l’Orbetto; oltre a Reni, naturalmente. E’ con Reni, infatti, che la “superbia” (termine di Malvasia) di Cantarini ebbe a confrontarsi: con il suo nobilissimo classicismo, con il castigato pudore della sua tavolozza, a cui il nostro risponde caricando di materia cromatica forte ed incontenibile il temperamento più naturalistico della sua indole. Tanto che l’ “a solo” cromatico di quel rosso acceso del vessillo abbandonato sulla lancia del santo pretoriano, in basso a sinistra, potrebbe quasi valere come la firma di Simone, artista ormai in qualche modo affine (si veda lo scorcio paesistico dello sfondo) al gusto di un Guercino o di un Cagnacci. Del Giordani è la notizia che un dipinto di Cantarini con “S. Sebastiano e un angelo”, verosimilmente il nostro, si conservava, nel XVII secolo, nella raccolta del nobile Rinaldo Bovi di Bologna (G. Giordani, Note autografe su una biografia completa su Simone Cantarini indirizzate al sig. Giuliano Vanzolini il 18-3-1866, ms, XIX sec., Pesaro, Biblioteca Oliveriana, Ms. 1549). Un probabile abbozzo di idea grafica preparatoria per quest’opera si conserva nel Cabinet des dessins del Louvre (inv. 9659). Bibliografia: N. Roio, Le scuole dei Carracci e di Guido Reni: nuovi disegni e dipinti bolognesi dell’epoca di Cavedoni, in E. Negro – N. Roio, Giacomo Cavedone, Modena, 1996, p. 51, tav. 76 p. 53. Scheda a cura del Prof. Massimo Pirondini. Si ringrazia lo studioso per aver confermato l'attribuzione all'artista.

[ translate ]
Sale price
Unlock
Estimate
Unlock
Time, Location
13 Dec 2019
Italy, Genova
Auction House
Unlock